ON DE ROAD, PIANTAGGINI, quaderno, ritratti, scritti
PIANTAGGINI
Bolognesi e bolognese, prima di andare in ferie andate agli angoli dei portici e cercate Piazza Grande. Altrimenti rischiate di perdervi il numero estivo e con esso la prima puntata della rubrica PIANTAGGINI-diario di una pittrice di strada-.
Ecco qui l’articolo per tutti i foresti… e anche per i bolognesi e le bolognese che ci hanno i ricci nelle tasche!
Jasmine ha nove anni e di soprannome fa Rachele. Mentre la madre chiede l’elemosina seduta a gambe incrociate in mezzo a via Oberdan, lei se ne sta seduta sul gradino di un portone, con in braccio il suo bambolotto. Appena ho terminato di montare il mio cavalletto e di attaccare i disegni con lo scotch carta al muro sento una vocina alle mie spalle:
– Lo sai disegnare un coniglio?
Jasmine-Rachele mi chiede di disegnarle un coniglio che guarda un pesciolino nuotare nella sua boccia di vetro. Poi mi fa aggiungere un cuore rosso, perché si vogliono bene, e tanti nomi sparsi per il foglio.
– Sono i nomi dei tuoi compagni di classe? – Le domando
– No, sono i miei amici, io non vado a scuola.
Ha grandi occhi marroni Jasmine-Rachele, con ciglia lunghe lunghe, uno sguardo senza ombre e l’aria felice per aver trovato un modo con cui cacciare la noia. Osserva il disegno che le ho fatto e afferma con aria solenne che è davvero bellissimo. Quando passa un ragazzo africano a chiederci una moneta lei commenta:
– Ci sono tanti poveri. Anche noi siamo poveri, non ci sono mai soldi.
Verso ora di pranzo passa Paolo a domandarmi prima una sigaretta e poi se posso fargli fare una telefonata col mio cellulare:
– Ho bisogno di una doccia, devo chiamare ‘sto mio amico, ma quelle cazzo di zingare riempiono i telefoni pubblici con la carta igienica così poi la prima cosa che fanno alla mattina è andarsi a fottere le monete, per non prendere le botte dai mariti.
Paolo era operatore sociale, lavorava anche con i senza dimora. Poi senza casa ci è rimasto lui, con una brutta depressione e una chitarra che maltratta delle volte facendo cappello a pochi metri da me.
Più tardi nel pomeriggio arriva anche Alfio, puntuale come il sole che lo sorprende nella sua solita postazione e che gli fa cercare l’ombra vicino a me per qualche ora. Dopo aver disposto a terra i dipinti che la sua mamma ottantenne ha prodotto nelle ultime notti insonni, si accende una sigaretta e mi grida:
– Dove vai quest’estate? Io me ne voglio andare da Bologna, ma per sempre però!
Quando si fa sera, dall’angolo in fondo alla libreria giungono i cori a tre voci di Mariadele e dei suoi amici. Stanno cantando Ederlezi, quella triste canzone popolare che Goran Bregovic ha riarrangiato per accompagnare Il tempo dei gitani, il film di Kusturiza. Jasmine-Rachele, che si era di nuovo seduta al mio fianco, questa volta a consigliarmi di disegnare una sposa con un fiore in mano, si alza e corre via. Poi torna da me, ansimante:
– È una canzone nella mia lingua, nella lingua rom. Dice: questa è la nostra festa babbo, la festa della primavera!
– Dov’è il tuo papà? – Le chiedo.
– È andato via, non torna più. Io e la mamma adesso stiamo da sole, abitiamo da mia zia.
Poi Jasmine-Rachele scappa via di nuovo, questa volta per chiedere a sua madre una moneta da buttare nella custodia della chitarra di Mariadele e dei suoi amici.
4 commenti
Franz
Faccio tesoro del tuo consiglio: cercherò di procurarmi l’ultimo numero di Piazza Grande, davvero imperdibile!!!
Soprattutto dopo aver messo il naso in questo bellissimo blog, grazie alla segnalazione sulla rivista ‘Qui – appunti dal presente’, (su cui Massimo Parizzi pubblica ogni tanto anche qualche mia pagina).
Un salutone.
Maga Magira (Author)
Grazie Franz!
Allora speriamo di incontrarci sulle pagine del bellissimo “Qui”. Ciao e buone cose
Angelo
Ogni volta che rileggo questo tuo post, che è incredibilmente denso, mi viene voglia di lasciare un commento intelligente, ma hai già scritto tutto tu, per la miseria
Maga Magira (Author)
…lo so Angelo, quando mi addenso tendo a gonfiarmi a dismisura…